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H:iH:iLa convenienza della delocalizzazione

Descrizione

La delocalizzazione economica consiste nel dislocare il processo produttivo in un’area geografica diversa rispetto a quella dove l’azienda ha sempre operato. Un falso mito vuole che questo fenomeno sia il frutto della globalizzazione e dell’apertura dei mercati, che avrebbero favorito le aziende alla ricerca del risparmio sul lavoro e del massimo profitto. In realtà la delocalizzazione esiste da ben prima della creazione delle aree di libero scambio e dell’avvento delle potenze economiche dall’Asia. Al tempo stesso non sempre le aziende spostano all’estero la produzione per pagare meno i lavoratori. Il discorso è molto più complesso e riguarda incentivi di sviluppo, economie di scale e, non ultima, la politica economica dei singoli Paesi.

Perché si delocalizza la produzione?

Secondo le teorie economiche moderne non esiste un solo obiettivo dietro i piani di delocalizzazione. La convenienza economica è il motore principale che spinge le aziende a guardare fuori dai confini nazionali, ma non sempre economicità fa rima con salari più bassi. Molto spesso, infatti, si confonde tra salario e costo del lavoro, che sono due cose molto diverse. Nella maggior parte dei casi la delocalizzazione non dipende dalla volontà di corrispondere minori salari in busta paga, altrimenti non si spiegherebbero i dati sul fenomeno: negli ultimi 10 anni quasi 11mila aziende hanno trasferito la produzione all’estero ma sempre in Occidente e solo poco più di mille imprese italiane sono andate in Asia.

In Italia non sono tanto i salari a pesare (tanto è vero che il potere d’acquisto è praticamente bloccato da anni) quanto la tassazione sul lavoro. Il costo di ogni singolo lavoratore sul mercato italiano diventa spesso insostenibile, soprattutto per quelle aziende medie che rappresentano la spina dorsale dell’industra dello stivale. Dal punto di vista dell’imprenditore lo scopo ultimo è ottenere un concreto vantaggio comparato e questo si ottiene non solo cercano costi più bassi ma attraverso un complesso di regole (sindacati più flessibile, tassazione più morbida), know-how specifico e consuetudini che rendono un Paese più appetibile di altri.

Si dirà che in Europa si prediligono i Paesi dell’Est, più instabili e ancora terra di conquista. Non è del tutto vero, dato che i Paesi prediletti per l’espatrio dalle aziende italiane sono la Francia, l’Austria, la Svizzera, la Germania e gli Stati Uniti, non certo mercati con una legislazione sul lavoro più flessibile della nostra. Anche quando si parla di Est Europa, i fattori che rendono appetibile il trasferimento delle produzioni non riguardano solo la manodopera a basso costo ma soprattutto “la diffusione di percorsi formativi specialistici, l’aumento del numero di lavoratori in formazione continua, i mercati interni in crescita e il rafforzamento delle istituzioni” (secondo un’analisi di Limes del 2012).

Per avere maggiori informazioni sugli aspetti economici e burocratici della delocalizzazione e sulla competitività nel mercato globale iscriviti al convegno di Synergia Formazione

Convenienza della Delocalizzazione 

Milano 28 Maggio Starhotels Ritz

Fonte: NanoPress Economia
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